Quando il cielo si divide di N. Evans

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Nicholas Evans ha il potere di rapirti e lasciarti entrare nelle sue storie,  prima in punta di piedi  spiazzandoti e poi travolgendoti con un flusso di eventi e di emozioni dalle quali non puoi più scappare.

“Quando il cielo si divide” è una storia molto bella ma nello stesso momento molto triste. 

Non è strettamente una storia d’amore, ma parla d’amore e non solo nell’accezione di quello tra uomo e donna, di quello più profondo, quello di un genitore per un figlio. Come ben sappiamo i rapporti tra genitori e figli spesso sono conflittuali, spesso si arriva ad uno scontro vero e proprio, vuoi per divergenze di opinioni vuoi per un semplice conflitto generazionale. 

La storia ha inizio con il ritrovamento del cadavere incastonato nel ghiaccio di Abbie Cooper , giovane figlia di una coppia agiata di New York. La ragazza aveva lasciato l’agiatezza ed il benessere della famiglia per far parte di un gruppo di ecoterroristi. Quelle persone che teoricamente dovrebbero lottare,  protestare contro il degrado ambientale e finiscono col portare avanti la loro causa in maniera violenta e pericolosa.

I genitori della ragazza  oramai separati   si rincontrano, purtroppo, in questa triste occasione.

Il thriller ruota intorno a questa famiglia, a come erano prima le cose, a come la famiglia si sia sfaldata, alla strada intrapresa da ogni suo membro.

Ma c’è anche altro, man mano che si andrà avanti con le ricerche usciranno fuori tanti piccoli particolari, compresa la ricostruzione di ciò che è accaduto a Abbie e di come è finita morta all’interno del ghiaccio.

Il titolo originale del libro è “The Divide” , ovvero un luogo, un posto dove la famiglia era stata in vacanza, forse l’ultimo momento insieme prima di sfaldarsi.

L’amore è uno dei punti cruciali, ma non il solo, Evans esplora anche le diverse forme di tradimento, quelle che possono dividere le persone, che le porta a essere distanti, a farle crollare.

E’ meglio non aspettarsi un lieto fine nel senso stretto del termine, ne un finale ‘tarallucci e vino’, ci sono crepe che nulla può sanare. 

Abbie è morta, è un dato di fatto e un punto di non ritorno. 

I suoi genitori, Ben e Sarah, che si sono amati per lungo tempo, sono arrivati a un punto di rottura  dal quale è impossibile tornare indietro, l’unica cosa che possono fare è condividere il dolore, il risentimento, la paura e lo sgomento per la perdita della figlia. 

Perché purtroppo, nel bene e nel male, in questo caso nel male, la morte della figlia è qualcosa che li accomuna e che solo loro possono comprendere allo stesso livello di devastazione.

Ciò che risulta lampante è che la mancanza di dialogo, di confronto ha creato della spaccature, probabilmente se si avesse dato più ascolto agli altri componenti della famiglia, invece di tapparsi le orecchie le cose sarebbero andate in maniera diversa

I personaggi sono ben delineati, sia gli uomini, ma soprattutto le donne. 

Evans riesce a rendere molto credibili le stesse situazioni viste da entrambi i punti di vista. 

La separazione di Ben e Sarah mi ha sorpreso, a volte si danno per scontate le cose, ma prima di arrivare ad una rottura di una coppia passa del tempo e vedere cosa accadeva internamente ad entrambi,  scoprire il modo in cui si sentiva lui, o la descrizione del disagio di lei è stato davvero illuminante.

 

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8

Toy Boy

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Questa è una di quelle rare volte in cui non so da dove iniziare, se liquidare il film con due parole stringate o scriverci su un trattato. 

Perché di cose da dire ce ne sarebbero molte, ma vale la pena sprecare il fiato, o meglio la punta delle dita per scrivere questa recensione?

Non lo so, inizierò a scrivere senza pensarci troppo. In fondo neanche  lo sceneggiatore ha pensato molto a cosa stava scrivendo. Fosse stato un film porno, l’assenza o la scarsezza di trama sarebbero stati comprensibili, li i contenuti sono per lo più visivi e rumorosi, ma in un film che dovrebbe essere una commedia no.

Ashton Kutcher in fondo interpreta un po’ il ruolo di se stesso, il ragazzo più giovane che se la fa con la donna matura e socialmente collocata. Lo so, probabilmente è un commento fuori luogo visto che la storia con Demi Moore è arrivata al capolinea, ma chi non ha mai pensato che lui potesse essere il Toy Boy dell’attrice?  Che poi la storia sia durata tanto era segno che forse non era proprio così fino in fondo, però…

Lasciando perdere pettegolezzi e pensieri che esulano dal film, il problema grosso è la carenza di una sceneggiatura di sostanza, di qualcosa che renda l’idea di partenza interessante, convincente, perché il tema trattato poteva avere una buona valenza sociale se sfruttato e gestito nel modo giusto.

Giovani che non hanno una vera e propria collocazione nel mondo, che giocano a fare i seduttori, i dandy, che credono di  avere potere e di potersi guadagnare una posizione vendendo se stessi alla migliore offerente, facendo leva su donne di successo che sono sostanzialmente sole e si sentono lusingate dalle attenzioni di un aitante ragazzo di almeno dieci anni più giovane.

Ma ciò che ho trovato assurdo è l’atteggiamento di queste donne nel film, non tanto per la facilità con cui si lasciano rimorchiare e fanno entrare un perfetto sconosciuto in casa propria, è il modo in cui lasciano che il protagonista viva in casa loro, impiantandosi come se fosse la propria. 

Capisco che  forse in quella zona si vive in maniera diversa dall’Italia, ma chi farebbe accampare una persona con cui si  è trascorsa una nottata di sesso in casa propria mentre tu te ne vai  a lavoro, lasciandogli addirittura la carta di credito per pagare la colazione?

Perché Nikki, il protagonista vive così, rimorchia in maniera grossolana, perché non utilizza tecniche veramente sottili o astute per farlo, probabilmente non deve neanche preoccuparsi di perfezionare il repertorio visto che c’è tanta disperazione in giro, basta un niente e le signore cedono. 

Cambia signora di tanto in tanto e si installa in casa della successiva,  lui  non ha una casa sua e parte dei suoi  averi sono depositati a casa di un amico.

Ma lo sfruttamento è reciproco, se da un lato il Toy Boy sfrutta una persona e i suoi soldi è a sua volta sfruttato dalla donna, sia fisicamente che sfoggiato come trofeo, come un modo per sentirsi ancora attraente, giovane  e per fare crepare d’invidia gli altri. 

Sono situazioni  non risolutive, le definirei più degenerative, solo un palliativo momentaneo per entrambi. Prima o pio succederà qualcosa che spezza questa catena e tutto va a rotoli e si ricomincia da capo.

E in questo caso la ‘rotolata’ arriva sotto forma di una ragazza che stranamente rifiuta le avances del protagonista, che sembra essere qualcosa e invece è tutt’altro, e poi si dimostra essere altro ancora. Quando il quadro si chiarisce a me è venuto da dire: ma che bella stron…. 

Perché probabilmente è proprio il personaggio più terribile della storia, gli altri sono ciò che sono e ciò che si vede, lei non è se stessa mai, qualunque ruolo interpreta, ma sostanzialmente non lo è neanche nei suoi confronti. 

L’ambientazione è lussuosa, chic, è vergognosamente ricca. I personaggi leggeri, privi di spessore e superficiali. 

Il film è talmente scarno sotto molti punti di vista, privo di spessore da far passare in secondo piano l’aspetto tecnico, la recitazione e tutto il resto.

Ho da fare un appunto a chi ha curato i costumi, le bretelle che aveva perennemente addosso il protagonista erano a mio avviso orribili, come anche la sciarpa, un cazzotto in un occhio. Per non parlare degli slip che si vedono in una scena, veramente orrendi.

Ma le vere ‘perle’ di questa storia sono state:

  • L’operazione a cui si sottopone la donna di turno, ancora non so se ridere o restare con un’espressione basita. 
  • Il finale, dove il protagonista, finalmente redento e con un lavoro vero, torna a casa e da a mangiare un povero topolino a un rospo che si trova in una teca. La camera resta li, mentre scorrono i titoli di coda, con questo rospo dalla cui bocca chiusa pendola la coda di quella povera bestiola. Oddio che orrore!

In sostanza il film avrebbe potuto essere una pellicola davvero interessante, poteva mostrare uno squarcio di vita diverso e affrontare dei temi scottanti, delicati, ma non lo fa, è solo una carrellata di rimorchi, scene di sesso, vita da ricchi, vita da poveri. E anche nel momento in cui il protagonista decide di farla finita con quella tipologia di vita, di mettersi in gioco e di mettere in gioco i suoi sentimenti, la sceneggiatura non da alcun tipo di supporto. 

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2

L'uomo che pianse

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Forse dovrei chiamarlo ‘la donna che pianse’ visto l’effetto che questo film ha avuto su di me. M’ha fatto venire il magone già dalle prime  drammatiche scene, accompagnate da Bizet con “i pescatori di perle”.

Ho sempre pensato a questo film come qualcosa di stupendo, mi stupisce ancora notare quanto sia poco conosciuto nonostante il cast di attori famosi... Sarà che quando mi piace un regista o un attore cerco di guardare tutto il “repertorio”.  

Sally Potter è stata davvero in gamba a dare vita a tutti i personaggi per lo più in una Parigi dilaniata dal secondo conflitto mondiale, a renderla magica e pericolosa nello stesso momento. 

La guerra, in questa pellicola, per quanto presente è sempre un po’ marginale rispetto alla storia principale: è la ricerca di una bambina ebrea dell’est, oramai donna, che fu separata dal padre, costretto ad emigrare in America all’inizio del conflitto, ad esserne il punto centrale. Il vago ricordo della canzone che le cantava da piccola, proprio quel brano, quella musica che si sente all’inizio del film e che ti colpisce fino in fondo all’anima per la sua tristezza e disarmante bellezza. 

Il restare aggrappati alle proprie origini, alle proprie radici anche se sei stato adottato, se ti hanno fatto cambiare nome, religione e lingua. L’amore di una figlia per il padre è qualcosa di talmente radicato che non può essere cancellato da nulla.

Ma il film ha anche altro da narrare, il razzismo verso gli ebrei, verso chi è diverso e considerato inferiore, come gli zingari di cui fa parte Cesar, il personaggio interpretato da Johnny Depp. 

Si parla anche di scelte di vita, tra chi preferisce restare coerente con se stessa e chi scende a compromessi pur di uscire dallo squallore e dalla povertà. Si parla di tradimento nei confronti di persone che si conoscono per avere un tornaconto personale. Si parla di abbandoni forzati e dolorosi e di incontri tanto attesi da riempirti di gioia.

Il film visivamente è molto bello, gli abiti, le location, la fotografia, sono molto curati.

Questo è un film che non lascia indifferenti se ci si lascia trasportare dalla storia, ma ciò che regna sovrana per tutta la durata è la musica, melodie meravigliose che ti accompagnano per mano.

Il mio giudizio è davvero positivo, e nonostante la protagonista della storia sia il personaggio interpretato da Christina Ricci, devo ammettere che le ho preferito di gran lunga Cate Blanchett, ruolo secondario ma per nulla marginale; la sua interpretazione è nettamente un gradino sopra tanto da offuscare la protagonista. Stesso discorso per John Turturro splendido nel ruolo del cantante lirico. Ogni commento su Johnny Depp nel ruolo dello zingaro è sprecato, sappiamo benissimo che gli calza a pennello!

Ho ancora un piccolo dubbio, su chi sia l’uomo ‘che pianse’, se il padre che è costretto a lasciare la figlioletta o l’uomo che è costretto a separarsi per sempre dalla donna che ama, o probabilmente lo sono entrambi.

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9

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