Womb

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Se ritrovaste  il primo amore, quello dell’infanzia, dopo dodici anni per poi vederlo morire tragicamente sotto i vostri occhi nel giro di pochi giorni, se il dolore fosse tale da non riuscire ad elaborare il lutto fino a portarvi a non provare neanche ad elaborarlo, clonereste la persona amata?

Questo è ciò che accade a Rebecca, lei sceglie di clonare  Tommy, di riportarlo in vita. 

Tutto ciò cosa comporta?  

L’embrione del nuovo Tommy viene impiantato nell’utero in prestito di Rebecca durante i nove mesi di gestazione. Una volta nato, il  clone ha una velocità di sviluppo equivalente a quella di un normale essere umano. Rebecca dovrà aspettare anni prima di riavere il Tommy adulto. 

La parte scientifica relativa alla clonazione si limita a questo, il film è incentrato su Rebecca, sul rapporto con il figlio/clone, con il mondo esterno, con l’isolamento in cui vive con il nuovo Tommy, su come la società vede i cloni.

La clonazione è qualcosa di legale e reale ma nasconde un pregiudizio di fondo, le persone non accettano facilmente i clonati e si nascondono dietro ad atteggiamenti politicamente corretti: “non abbiamo nulla in contrario ma preferiamo non averci a che fare”.

Ciò porta Rebecca ad allontanarsi dal mondo, compiendo una  scelta di solitudine, ritirandosi in una casa sulla spiaggia con Tommy. 

In Womb è sempre inverno, l’aria gelida, il mare blu in movimento, la sabbia bianca come una lunga distesa desolata, a parte la casa di Rebecca e Tommy  e qualche piccola cosa; così come è congelata nel tempo e nello spazio la protagonista che invecchia poco durante gli anni.

La sensazione di freddo, vuoto e solitudine è una costante in tutto il film.  Vuoto e fredde sono le relazioni con il mondo esterno, quasi del tutto inesistenti, come a protezione di qualcosa di disperatemene prezioso.

Rebecca è una donna che non ha accettato la morte e che ha combattuto contro di essa, probabilmente in maniera assurda, improbabile e improponibile, finendo per pagare lo scotto delle proprie azioni.

Tommy cresciuto fa la vita normale di tutti i ragazzi, istruzione, divertimento e rapporti sociali. Rebecca soffre in silenzio vedendolo con una ragazza, ma non può dire nulla, non ha il diritto di interferire, per il mondo e per il ragazzo lei è sua madre e lui è suo figlio. Il giovane non sa di essere il clone dell’uomo amato da Rebecca, Tommy crede che suo padre sia  morto prima della sua nascita in seguito ad un incidente.

Il film ha il suo fascino, una narrazione lenta, poche parole e molto dato allo spettatore in gesti, sensazioni. Probabilmente è un film non adatto a tutti, uno di quei film che seppure hanno delle pecche o lo ami  o lo odi, ma di certo non è un film semplice e a buon mercato. Bisogna essere dotati di una buona apertura mentale e di una discreta dote di sensibilità per comprendere le scelte del regista, per capire i protagonisti, ma fate attenzione, non sto parlando di condividere le scelte, perché c’è un grosso dilemma morale sullo scegliere di diventare la madre della copia del proprio uomo morto, un dilemma grosso come una casa.

Quel clone  è si la copia esatta dell’uomo amato, ma è anche il bambino che hai cresciuto e tenuto in grembo per 9 mesi. Non solo, c’è comunque l’aggravante della differenza d’età, e qui non si parla di pochi anni, ma di decenni. Come si fa a convivere con il contrasto dell’amore di una madre per il figlio, quello di una donna nei confronti del proprio uomo quando entrambi i sentimenti sono fusi tutto in uno e convogliati verso la stessa persona?

Il Tommy clonato è esteticamente e geneticamente identico al Tommy originale, ma è diverso nelle esperienze, nei ricordi. Sono la stessa persona a vista d’occhio, ma ‘iinteriormente’?

Womb è il film di in amore impossibile, irraggiungibile, di una relazione insolita e fuori dagli schemi, morbosa, claustrofobica e probabilmente incestuosa. E’ il film di una donna che lotta contro un mulino a vento tentando un’impresa irrealizzabile.

Regia, fotografia e montaggio veramente notevoli, così come anche la colorazione molto algida, prepotentemente bianca e blu. Mi sono piaciuti molto i due protagonisti nel rendere le sensazioni contrastanti che li pervadono, Eva Green con il tormento leggibile in ogni fotogramma nei suoi occhi e Matt Smith nel tenere in piedi il personaggio di un ragazzo che vacilla, mai cresciuto realmente, infantile, trascinato dalla corrente degli eventi, perso inconsapevolmente in questo gioco insolito e tendenzialmente assurdo iniziato da Rebecca.

 


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