Amore e altri rimedi

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Ecco un altro film la cui locandina, sottotitolo e classificazione traggono in inganno lo spettatore. Da l’idea della solita commedia leggera e stupida.

Io e le classificazioni abbiamo  idee diverse: è si una commedia, ma il film nonostante la banalità del titolo, narra comunque delle vicende drammatiche. 

In originale era "Love and Other Drugs", dove chiaramente il drugs è inteso come medicine, ed ha un doppio significato, ma lo si comprende dopo aver guardato il film. 

Sostanzialmente è l’incontro di due persone che partendo da una avventura puramente fisica,  finiscono per ritrovarsi in una storia d’amore senza i rimedi citati nel titolo.

Lei è uno spirito libero. Lui un donnaiolo. Inizieranno una relazione superficiale, che evolverà in qualcosa di diverso, di più profondo. Fin qui non ci sono grosse varianti rispetto temi e schemi previsti  nelle  più classiche commedie.

Lui, il fascinoso  che fa crollare ogni donna facilmente ai suoi piedi,  che si arrabatta con molti lavori diversi, fin quando non inizia a macinare soldi come  rappresentante farmaceutico. Per questo lavoro  è  disposto a fare qualunque cosa pur di piazzare il prodotto. Dopo varie difficoltà si troverà a “diffondere il verbo” della tanto discussa pillolina blu, il viagra. È un personaggio da cui non ti aspetteresti un repentino cambio d’atteggiamento.

Lei, pittrice, donna libera da schemi prefissati che nasconde un tremendo segreto: ha il Parkinson al primo stadio. Prende delle medicine per mascherare il tremore che si impossessa di lei, impedendole di compiere anche le azioni più banali. Avere il Parkinson non è una bella cosa, averlo a 26 anni è ancora peggio.

La notizia scottante travolge e sconvolge questo ménage sentimentale non ancora ben delineato e consolidato. Ci saranno alti e bassi, situazioni brutte, situazioni belle. Incontri con altri personaggi interessanti, tra cui un piccola apparizione di un uomo che parla della sua vita con la moglie affetta dalla stessa malattia, quella malattia che gliel’ha portata via lentamente e completamente.

Siamo negli anni 90, non esisteva una cura per il Parkinson, non esiste una cura definitiva neanche ora a distanza di vent’anni.  

Il film mi  è piaciuto, mi è piaciuta la storia che prende corpo più nella seconda metà, quella forse più drammatica. Mi sono piaciuti i due attori protagonisti. 

È un film che fa riflettere, che ti pone principalmente una domanda, quella sulla disponibilità ad accudire una persona malata per il resto della vita. Una domanda a cui spesso non sai dare una risposta, perché è un impegno molto gravoso.

Nell’immediato ed in condizioni ancora buone può sembrare una difficoltà superabile con la buona volontà e con l’affetto, ma con il progredire della malattia quell’impegno diventa sempre più grosso e pesante. 

Può un amore reggere tale peso?

 

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