Oceano mare di Alessandro Baricco

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"Ma questo è un posto strano. La realtà sfuma e tutto diventa memoria. Perfino tu, a poco a poco, hai cessato di essere un desiderio e sei diventato un ricordo."

Come ben si sa, vuoi per sentito dire o per aver letto qualcosa, lo stile di Baricco è unico, particolare, è il suo stile.

In questo racconto si intrecciano nello stesso punto, ovvero nella locanda Almayer, le vite di alcuni personaggi. Ognuno di questi personaggi è particolare ed interessante per un motivo diverso, tutti però sono in questo luogo per un motivo e vivono in attesa di qualcosa:

- un pittore che cerca di dipingere il mare.

- uno scrittore che studia i limiti per poter creare una enciclopedia e che custodisce gelosamente delle lettere scritte per qualcuno che non c'è ancora nella sua vita:

"Lui pensa che da qualche parte, nel mondo, incontrerà un giorno una donna che, da sempre, è la sua donna. Ogni tanto si rammarica che il destino si ostini a farlo attendere con tanta indelicata tenacia, ma col tempo ha imparato a considerare la cosa con grande serenità. Quasi ogni giorno, ormai da anni, prende la penna in mano e scrive. Non ha nomi e non ha indirizzi da mettere sulle buste: ma ha una vita da raccontare. E a chi, se non a lei? Lui pensa che quando si incontreranno sarà bello posarle sul grembo una scatola di mogano piena di lettere e dirle –Ti aspettavo. Lei aprirà la scatola e lentamente, quando vorrà, leggerà le lettere una ad una e risalendo un chilometrico filo di inchiostro blu si prenderà gli anni –i giorni, gli istanti– che quell'uomo, prima ancora di conoscerla, già le aveva regalato. O forse, più semplicemente, capovolgerà la scatola e attonita davanti a quella buffa nevicata di lettere sorriderà dicendo a quell'uomo –Tu sei matto. E per sempre lo amerà."

- una donna esiliata dal marito in attesa di guarire dall'adulterio

- un prete che scrive orazioni per ogni cosa e che fa da scorta ad una giovane ragazza ammalata che, cerca nella nel mare la fonte della sua guarigione, che vuole continuare a vivere

- un uomo che invece nonostante sia vivo ha visto la morte fin troppo da vicino 

La narrazione parte con alcuni personaggi che alloggiano già nella locanda ed è inframezzata dalla storia del viaggio e delle vicende che portano il prete con la ragazza e l'uomo 'misterioso' ad arrivare nel piccolo paese che sembra sospeso nel tempo.

Ci sono dei punti in cui la storia è davvero tosta, in cui quasi speri di aver compreso male per poi renderti conto che invece è proprio come avevi immaginato. Mi riferisco alla narrazione riguardante la zattera, dove gli esseri umani danno il 'meglio di se' nell'eccezione negativa dell'espressione.

"La prima cosa è il mio nome, la seconda quegli occhi, la terza un pensiero, la quarta la notte che viene, la quinta quei corpi straziati, la sesta è fame, la settima orrore, l'ottava i fantasmi della follia, la nona è la carne e la decima è un uomo che mi guarda e non uccide. L'ultima è una vela. Bianca. All'orizzonte"

Le emozioni dei personaggi trovano rilievo, sono ben delineati, hanno un discreto spessore e ci si fa una buona idea di chi sono, cosa vogliono e perchè sono li.

Il contenuto, in quanto 'morale della favola' non è per niente banale e tocca vari temi: la cattiveria umana, la disillusione degli adulti, l'innocenza e la 'vera vista' di cui sono capaci i bambini, la voglia di vivere, la vendetta, il tradimento, l'amore, la passione, la tristezza, la presa di coscienza delle cose e tanto altro.

Il mare invece è una presenza costante, chi viene dal mare, chi ci deve andare, chi lo osserva, chi lo dipinge, chi ne ascolta il rumore, chi lo teme, chi lo ama. Il mare che è sempre uguale ed è diverso ogni secondo che passa. Il mare che conserva, il mare che cancella.

"Guarda: noi camminiamo, lasciamo tutte quelle orme sulla sabbia, e loro restano lì, precise, ordinate. Ma domani, ti alzerai, guarderai questa grande spiaggia e non ci sarà più nulla, un'orma, un segno qualsiasi, niente. Il mare cancella, di notte. La marea nasconde. È come se non fosse mai passato nessuno. È come se noi non fossimo mai esistiti. Se c'è un luogo, al mondo, in cui puoi pensare di essere nulla, quel luogo è qui. Non è più terra, non è ancora mare. Non è vita falsa, non è vita vera. È tempo. Tempo che passa. E basta."

Un ruolo particolare lo ha la memoria, i ricordi e le aspettative di tutti. Interessante la parte finale in cui è possibile sapere cosa è accaduto ai vari personaggi dopo essere stati ospiti della stessa locanda.

Per quanto non sia una lettura semplice, per quanto il modo di scrivere di Baricco può scoraggiare se non si è abituati a leggere testi non proprio lineari, posso assicurare che vale davvero la pena di leggere Oceano Mare.

 

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9

Il mio amico "D"

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"Il mio amico D" è un monologo di cui ho visto una prima versione l'anno scorso, versione che potrei definire beta  che, nonostante abbia subito delle variazioni successive a questa versione,  ha vinto il premio Fuoriluogo nel 2009.

La struttura narrativa è semplice, è uno squarcio del cambiamento che avviene in un ragazzino, già amante del calcio, con l'arrivo di Maradona a Napoli.

Maradona per la città di Napoli, specialmente per i ragazzini e per i tifosi della squadra di calcio omonima, ha avuto un grande significato; rappresentava il riscatto sociale, l'uscita dalla povertà con l'esclusivo ausilio delle proprie forze, delle proprie capacità e abilità sportive.

Il protagonista Mauro Manzo, egregiamente interpretato da Pietro Tammaro, è proprio un ragazzino che vive l'arrivo di Maradona come una rivincita, vede nel calciatore argentino una proiezione futura di se stesso, qualcuno con cui identificarsi sia per l'idea che rappresenta sia per somiglianza fisica.

"Il mio amico D" non mostra solo l'influenza che Maradona ha avuto sui tanti Mauro Manzo o sulla città di Napoli, rappresenta anche uno squarcio su cime erano scandite le giornate dei ragazzini divisi tra scuola e tempo libero con la perenne costante del calcio.

Mauro Manzo aveva un sogno:  avrebbe voluto giocare a calcio.
Mauro Manzo ha modificato il suo sogno ed è diventato arbitro.

Lo spettacolo è gradevolissimo, Pietro Tammaro riesce a tenere alta l'attenzione del pubblico per tutta la durata del monologo.

La versione nuova dello spettacolo, presentata nell'ambio del Giubileo Maradoniano nato da un'idea di Luca Saccoia [che è anche ottimo regista del "Il mio amico D", nonché  adattatore del testo del monologo] presenta delle variazioni in positivo rispetto alla già gradevole versione precedente.

Il supporto musicale dal vivo del violoncello di Pasquale Termini e le percussioni di Carmine Brachi scandiscono e delineano in maniera egregia le pause o i vari momenti della narrazione. 

La splendida voce di Luca Saccoia che interpreta "Mi Buenos Aires Querido" e "el Pueblo unido" regala grandi emozioni.

Devo fare i miei complimenti ai musicisti per il supporto musicale, a Pietro Tammaro per la stesura del testo del monologo e per l'interpretazione, a Luca Saccoia per l'interpretazione dei brani, per l'adattamento del testo e per la curata regia dello spettacolo.

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7

Niente per caso di Richard Bach

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Richard Bach è un autore a cui sono particolarmente legata, adoro il suo modo semplice di raccontare storie che, seppure semplici, portano con se vari spunti di riflessione e dei grossi insegnamenti.

E' il caso anche di "Niente per caso". Che Bach sia appassionato di volo è cosa risaputa, basta solo leggere il titolo di molti dei suoi libri, basta leggere la trama delle sue storie, riguardano per lo più racconti di viaggi, di aerei, di piloti.

Per Bach il volo è la sua vita, ma da ex pilota di aerei, da persona che ama volare e che ama gli aeroplani, da una persona che ha vissuto con passione il volo ci si può aspettare qualcosa di diverso? Credo proprio di no, le passioni fanno girare il mondo e rendono vive le persone, senza passione siamo grigi, piatti, siamo degli automi.

"Niente per caso" è il racconto di una estate trascorsa da Bach e i suoi compagni. E' l'estate in cui insieme, in nome dei vecchi Circhi Volanti fanno volare su degli aerei che possono essere considerati d'epoca centinaia di persone.

Il susseguirsi dei vari punti in cui fanno sosta, il susseguirsi delle città, delle persone e delle situazioni rende chiaro che ogni luogo non è uguale al precedente e non lo sarà neanche nel successivo. E' palese che ogni città reagisce all'arrivo di questi insoliti viandanti in modo diverso.

Ma dopo la metà del libro Bach inizia ad interrogarsi su alcuni quesiti e giunge alla conclusione che niente accade senza un motivo, il problema si pone quando questo 'motivo' non è chiaro e non si chiarisce nell'immediato. 

Tra pag 167 e pag 169 è descritta una situazione che fa infuriare e fa dispiacere l'autore. Bach ama volare e trova inconcepibile che gli altri non comprendano la bellezza del volo o di quanto per lui sia importante. Il suo primo pensiero, quello arrabbiato, quando si rende conto che il suo entusiasmo per un volo all'ora del tramonto non è condiviso ma, sente una donna dire che non vola se non è costretta,  è questo :

"Quella povera gente non sapeva; con la loro prudenza si faceva sfuggire il paradiso"

Dopo di che Bach si alza in volo e ammira, insieme al suo biplano, quello stupendo tramonto; ma c'era qualcosa che l'aveva colpito fino in fondo, qualcosa che gli altri non erano in grado di capire, vuoi per interessi diversi vuoi perchè non avevano la sensibilità per comprendere cosa provava il pilota che gli offriva un volo in cambio di 3 dollari:

"Rimasi seduto, solo, per un intero minuto; non volevo parlare con nessuno né sentire nessuno né vedere nessuno. Sapevo che non avrei mai dimenticato quel volo, e volevo un minuto di silenzio per riporlo con cura nella mia memoria, perchè ci sarei tornato ancora molte volte, negli anni a venire.
Qualcuno disse piano, tra la folla: "Ha il coraggio di dieci uomini, a volare su quel vecchio catorcio".
Mi venne voglia di piangere. Non capivano... io ... non riuscivo ... a farli ... capire"

La gente non capiva quanto potesse essere bello ammirare un tramonto da un aereo in volo, quanto poteva essere 'bello' il 'vecchio catorcio'; ma il punto principale era che le persone vedevano solo un vecchio aereo, un oggetto di 'antiquariato' mentre per Bach era un'estensione di se stesso, qualcosa con cui viveva in simbiosi e trovava doloroso rendersi conto che non solo non apprezzassero il biplano, ma che non riuscivano a comprendere quanto per lui fosse importante quel 'catorcio'.

E poi c'è la conclusione della storia, la fine dell'estate, il biplano che si rompe e che Bach vede come se fosse morto; ma calcolando il tempo che impiega per sistemarlo e rimetterlo in funzione, forse è il caso di considerarlo in coma.

Morale della favola: niente avviene per caso e c'è sempre una lezione da imparare da ogni cosa che ci succede...

"La lezione che era stata così difficile da scoprire, e così difficile da imparare, diventò immediata e chiara e facile. La ragione dei problemi è la loro soluzione. Perché questa è la vera natura dell'uomo, andare oltre i limiti, provare la sua libertà. Non è la prova che abbiamo davanti, quella che determina chi siamo e cosa diventeremo, ma il modo in cui superiamo la prova, se buttiamo il cerino sul rottame o se, superandolo, passo dopo passo ci facciamo strada verso la libertà. " [pag 254]

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